martedì 12 giugno 2018

Storie di truffe e di "ENEL Energia"

LIVORNO. «Anche io sono stata vittima dell’annuncio fasullo per magazziniere. Mi sono ritrovata a vendere contratti di Enel energia ma un giorno ho deciso di chiudere con quel mondo. Un giorno mi ha aperto la porta una donna sola, aveva più di 70 anni e non capiva più le bollette. Era già stata truffata. A quel punto ho detto basta. Non volevo più truffare le persone così». Simona, 28 anni, è una delle centinaia di persone che in questi giorni hanno scritto a Il Tirreno. Dice di aver vissuto l’esperienza che abbiamo vissuto anche noi: un colloquio per un posto di lavoro ingannevole, a Livorno . L’episodio, però, è diverso dagli altri. Intanto risale a cinque anni fa. E permette di addentrarsi ancora di più nel meccanismo del “porta a porta selvaggio” e dello sfruttamento dei lavoratori.

IL COLLOQUIO LAMPO
«È il 2013, ho 22 anni e sono disoccupata. Vivo da sola e ho bisogno di soldi – racconta Simona che ci chiede di tutelare il suo anonimato -. Per questo decido di rispondere a un annuncio di lavoro per magazziniere. Vengo contattata dopo aver inviato un’email da una ragazza molto gentile che mi convoca in zona Picchianti già il pomeriggio stesso». La giovane si presenta ma non trova indicazioni della società. La porta dove si terrà il colloquio è accanto a un rivenditore di climatizzatori. «Colloquio che dura a malapena cinque minuti e mi viene spiegato a grandi linee il mio lavoro, anche se non riesco bene a capire cosa andrò a fare – racconta ancora Simona -. Un ragazzo giovane e ben vestito mi dice di tornare il giorno successivo alle 8 per fare una prova di lavoro».


GETTATA IN STRADA A LAVORO
Simona si presenta all’appuntamento e viene caricata in macchina e portata fino a Piombino. Dove viene letteralmente lasciata per strada. «In auto mi hanno iniziato a spiegare che avrei dovuto far cambiare i contratti di energia alle persone, suonando casa per casa – racconta la donna -. A quel punto, dandomi una cartelletta con la copertina del logo di Enel e qualche spiegazione preliminare vengo spedita, da sola, a giro per le varie case. Praticamente gettata in strada a fare un inganno».

IL MECCANISMO DI VENDITA
L’agenzia livornese ha pianificato un meccanismo di vendita ingannevole. «Il mio compito e quello degli altri venditori era quello di far capire alle persone che la loro bolletta non era giusta e andava cambiata per le nuove normative – ci spiega Simona -. Siamo stati da famiglie di persone anziane e famiglie di stranieri che non capivano bene cosa stessimo facendo ma che ci hanno fatto cambiare il loro contratto della luce. Chiedevamo anche se avevano la bolletta del gas e proponevamo risparmi che in realtà non avrebbero mai avuto. Quando le persone ci dicevano se c'era un cambiamento da parte di Enel noi rispondevamo che nulla sarebbe cambiato, se non il colore della bolletta».

LA COMPETIZIONE DI VENDITA
Una volta tornati dalla “spedizione” di vendita ogni lavoratore doveva suonare una campanella nel caso avesse superato i dieci contratti. «Come detto avevo bisogno di soldi in quel periodo e per quello ho resistito alcuni giorni lavorando con ritmi frenetici, a volte dalle 8 del mattino fino alle 10 di sera – prosegue Simona -. C’era una sorta di gara a chi vendeva di più. Quanto guadagnavo? Circa 25 euro lorde per ogni contratto di luce fatto, 70 per la combo luce-gas».

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IL PENTIMENTO
Un giorno, però, Simona ha un incontro che la convince a lasciare quello pseudo-lavoro. «Un giorno mi hanno portata a Rosignano Solvay e la sera, in uno dei miei ultimi giri, ho suonato a una signora – racconta -. Lei mi ha iniziato subito a chiedere aiuto. Non riusciva più a capire le bollette. Allora mi ha fatto entrare e mi ha messo davanti tutti i documenti». La ragazza livornese capisce che dalla signora sono già passati i suoi colleghi truffatori. «Viveva sola, aveva più di 70 anni e mi ha mostrato le sue bollette – spiega Simona -. Ho capito che con la nuova bolletta di Enel energia era stato fatto un contratto con un costo al kilowatt più alto del precedente. Infatti la signora non capiva perché stava spendendo più soldi. Tra una chiacchiera e l’altra ho iniziato a pensare che non stavo svolgendo un lavoro corretto. Ma ero più complice di un inganno. Non è un’esagerazione: noi portavamo le persone a cambiare contratto o fornitore senza rendersene conto. A quel punto non sono più riuscita a concludere niente e grazie a quella signora ho deciso, pentita, di non fare più quel lavoro».

Simona fa anche di più. Non vuole neppure i soldi guadagnati in quei quattro giorni di lavoro. E parla con il suo responsabile. «Lui mi diceva che non si trattava di truffa ma era così – conclude la donna -. In questi cinque anni di annunci di lavori come questi ne ho continuati a vedere tanti. E non capisco perché queste agenzie non vengano fermate».

fonte: Il Tirreno

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